Condominio,dispersioni di energia e normative sul risparmio energetico
Le normative sul risparmio energetico rappresentano fonti di diritto
di natura imperativa tanto che, allo stato, può parlarsi di “norme di
ordine pubblico energetico” e si applicano, alla generalità dei
consociati, a tutela del risparmio e dell'ambiente e ciò anche a
prescindere dai rapporti privatistici, già esistenti, ai quali si
sovrappongono a tutela della collettività.
Non sfugge,
chiaramente, a tale regola, il condominio, che rappresenta uno dei
maggiori interlocutori del potere statuale in materia di risparmio
energetico, in virtù dell'enorme consumo di combustibile per
riscaldamento e del conseguente impatto ambientale.
A parte le
nuove normative in tema di certificazioni energetiche, di origine
comunitaria, da anni ormai la conduzione degli impianti di riscaldamento
subisce delle forti limitazioni di orario in relazione alle diverse
zone climatiche.
Accade molto spesso, peraltro, che impianti
termici nati per funzionare per tutto l'arco della giornata e
predisposti, pertanto, a garantire il giusto grado di temperatura in
detta situazione, una volta limitati ad alcune ore non siano più in
grado di adempiere la loro funzione, soprattutto per quanto concerne i
piani alti o le unità immobiliari più esposte le quali, non di rado,
presentano temperature invernali al di sotto dell'abitabilità.
A
questo punto l'equilibrio esistente tra singolo condomino (che ha
diritto al corretto funzionamento dell'impianto) e comunità condominiale
viene alterato da una normativa imperativa che impone delle variazioni
e, pertanto, si presenta il problema su chi debba pesare il costo delle
modifiche. La Cassazione, di recente, con la sentenza n. 4012 del
18/02/2011 si è pronunciata a favore del condominio.
Nel caso in specie, a causa della dispersione di energia dovuta ad un portico
sottostante ad un'unità immobiliare (portico non suscettibile di
chiusura), questa presentava temperature effettivamente troppo basse,
pur funzionando alla perfezione il sistema di riscaldamento condominiale
che era stato, però, progettato e costruito per restare in funzione
tutto il giorno.
Nell'occasione la S.C. ha sottratto il condominio dall'onere di coibentazione
della soletta divisoria; secondo la Corte, infatti, non poteva
sussistere responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 c.c.
atteso che il danno non era imputabile alle modalità costruttive del
solaio ma alla circostanza che l'impianto condominiale era stato,
appunto, progettato per funzionare tutto il giorno e ciò non poteva più
avvenire in ragione delle norme sul risparmio energetico.
Invero,
la pronuncia costituisce una decisione rilevante atteso che, in assenza
di effettive responsabilità, addossa al singolo condomino, anziché alla
comunità condominiale, gli effetti secondari dell'applicazione delle
normativa imperativa.
Si potrebbe obiettare che, in presenza di
una normativa che rende un impianto, che è nato per garantire calore a
tutti i condomini, non più suscettibile di legittimo funzionamento
secondo le nuove imposizioni, si sarebbe dovuto imporre la variazione
con sistemi idonei ad adempiere alla sua funzione in maniera legittima
(magari attraverso mezzi di isolamento termico che si sarebbero inseriti
nel complesso climatico condominiale) a spese del condominio stesso, ma
la Corte non è stata di questo avviso e le conseguenze
dell'applicazione del principio seguito potrebbero costituire un danno
per i meno fortunati.